WORLD RUGBY CURIOSITY


ALL BLACKS
Il mito è nato un po' per caso. Anzi, per un refuso tipografico. Durante il 1905 il XV neozelandese giunse per una lunga e trionfale tournée in Europa dove rimase non solo imbattuto ma praticamente non subì che pochi punti.
Durante una corrispondenza da Parigi, un giornalista inglese - colpito dalla loro dinamicità e velocità - scrisse che i giocatori sembravano «tutti trequarti» (all backs, in inglese), ovvero giocatori della linea arretrata, la «cavalleria» del rugby, contrapposta alla pesantezza degli avanti. Ma il tipografo pensò a un refuso e aggiunse una «L», dando vita al soprannome con il quale gli All Blacks sono celebri ancora oggi.


NAZIONALI



Gli inglesi sul petto hanno la rosa rossa dei Lancaster (che sconfissero gli York nella «guerra delle rose», l'altra era bianca).


I sudafricani hanno lo springbok, una gazzella alla quale, con la fine dell'Apartheid, venne aggiunto un fiore di protea. Essendo un simbolo dei bianchi la springbok rischia l'estinzione, almeno sulle maglie dei sudafricani: si vorrebbe lasciare solo il fiore.




Un altro fiore - quello spinoso del cardo - è il simbolo della Scozia, al quale 
dedicato anche l'inno nazionale, lo struggente «Flowers of Scotland».




Gli argentini nel rugby sono noti come i «pumas». Peccato che anche in questo caso si tratti di una svista: il puma argentino in realtà è un giaguaro, passato per puma per l'errore del (solito) giornalista.




La squadra del Trifoglio (Shamrock) rappresenta tutta l'isola: il rugby è l'unico sport in cui non ci sono due rappresentative irlandesi, una per l'Eire, la repubblica d'Irlanda, e l'altra per l'Ulster, la provincia del Nord, legata alla Gran Bretagna. A Belfast, in realtà, la nazionale verde gioca raramente: l'ultimo test match, con l'Italia in campo, nello stadio di Ravenhill è stato giocato il 24 agosto 2007, durante la marcia di avvicinamento ai Mondiali di Francia (23-20 per i padroni di casa, con sorpasso all'ultimo istante). Ed erano 53 anni che il XV irlandese non giocava in Ulster.
L'inno suonato prima delle partite ufficiali, dal 1995, è Ireland's Call, che non è l'inno nazionale ma è stato appositamente composto per il rugby, per sottolineare che la nazionale «unica» d'Irlanda travalica i confini politici.


CROKE PARK
Lo stadio dublinese è la «casa» degli sport gaelici (hurling, camogie, football gaelico, handball a rounders, pressoché sconosciuti fuori dall'isola di smeraldo).
Il 21 novembre del 1920 il Croke Park fu il teatro del massacro passato alla storia come «Bloody Sunday»: soldati inglesi entrarono sul terreno di gioco durante una partita di calcio gaelico e spararono indiscriminatamente sulla folla, uccidendo 13 spettatori e un giocatore, Michael Hogan, capitano del Tipperary, che aveva osato continuare a giocare di fronte al blindato inglese. L'atto di sangue era una rappresaglia per l'attentato che i militari della Corona avevano subito qualche ora prima a opera di un gruppo di indipendentisti guidati da Michael Collins.

Ancora oggi, la collina del massacro è venerata come un sacrario: perché sia visibile una delle due curve è singolarmente sottodimensionata.
Dopo una lunga polemica, nel febbraio e marzo 2007, il Croke Park è stato aperto per la prima volta nella storia al rugby, uno sport «inglese», per il match di Sei Nazioni  proprio contro l'Inghilterra. Ma la casa della palla ovale irlandese e della nazionale del Trifoglio è il Landsdowne Road, completamente ricostruito e riaperto al pubblico nel 2009.